martedì 11 ottobre 2011
giovedì 6 ottobre 2011
La memoria poetica
Da quando ho letto l'insostenibile leggerezza dell'essere posso dare un nome a certi ricordi. Infatti Kundera parla di una memoria poetica, quella che registra ciò che ci affascina, che ci commuove, che rende bella la nostra vita. Vi racconto una storiella. Ero all'università, a seguire un convegno che un professore ci aveva caldamente consigliato durante le sue lezioni. C'erano quindi molti miei compagni di corso, alcuni li conoscevo di persona ("eih, ciao come stai? visto che robba 'st'università? pare 'n'ospedale! poi boh, 'sto sole non scalda."), altri di vista- e li riconoscevo- ("ciao..."), altri non li ricordavo pur avendoli visti ("hai visto chi c'è?", "chi, quello?", "eh!", "beh chi è?", "dai, l'avrai visto un milione di volte."). Durante la pausa parlavo con una persona che conoscevo di vista, e che ricordavo. Ad esempio (uno dei tanti che potevo fare), e glielo ricordai, eravamo seduti vicini quando, l'anno prima, avevamo sostenuto insieme un esame scritto, e mi ricordavo anche che mi chiese la risposta di una domanda. Anzi, che io suggerii quella risposta a quella domanda. Non si ricordava di quell'esame, nè di me. Non pensai che la memoria poetica ricorda ciò che ci affascina, che ci commuove. Non pensai che raccontandoglielo mi stavo esponeno. Non avevo alcun motivo per ricordare quell'insignificante evento di così tanto tempo fa. Era normalissimo dimenticarsene e così era successo a lei.
-"oh mio dio, ma come fai a ricordarti queste cose?"
é la memoria poetica. Così avrei dovuto risponderle otto mesi fa.
-"oh mio dio, ma come fai a ricordarti queste cose?"
é la memoria poetica. Così avrei dovuto risponderle otto mesi fa.
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